Recitazione vs lettura: la traduzione delle fiabe teatrali di Carlo Gozzi in Francia

Authors

  • Françoise Decroisette

Abstract

« La traduzione per il teatro è inseparabile dall’adattamento », scriveva nel 1989 bernard faivre d’arcier per le seste assisi della traduzione letteraria di arles,1 perché deve riflettere la proiezione del testo drammatico, scritto, nel testo scenico, recitato e agito da attori. Secondo lui, il lavoro del traduttore di teatro è necessariamente drammaturgico e fa parte integrante dello spettacolo. Tradurre il teatro sarebbe quindi sempre « adattare », il che vuol dire sostituire una realtà culturale altra a quella soggiacente alla lingua-fonte quando il destinatario della traduzione non è più in grado di identificare immediatemente questa realtà primordiale.

Ovviamente, per tutte le ragioni che ci ha insegnato la semiologia del testo teatrale e della rappresentazione, risulta oggi difficile non condividere questa affermazione, e non ammettere che la posizione del traduttore di testi teatrali è diversa da quella del traduttore di testi non performativi, perché confrontato a testi prevalentemente destinati alla scena cioè realizzati con intervento di più autori, gli attori e il regista, e recepiti non attraverso la lettura, ma l’ascolto e la visione congiunti. Un traduttore teatrale, quindi, non « serve solo due padroni », come diceva un teorico della traduzione, Rosenzweig,2 serve tre padroni (autore, pubblico e regista/attori).

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Published

01-10-2014